Wanda

“mi scoccerebbe proprio morire di coronavirus”. Se ne comincia a parlare. Febbraio 2020. Lei Wanda, la mia mamma, io Lucilla, sua figlia, medico. Un medico che pensava di riuscire a proteggerla.

Wanda ha 89 anni, vari acciacchi ma nulla che comprometta una mente ancora pronta e vivace, più della mia che dimentico tutto. Un concentrato di curiosità, lucidità e tanto amore per noi figlie e per una nipote luce dei suoi occhi.

Sono abituata a vederla tutti i giorni dopo il lavoro, per compagnia più che per necessità, lei mi accoglie sempre con un sorriso ed uno sguardo che solo una mamma può avere, si illumina nel vedermi. Parliamo di tutto, e quell’ incontro serve a me più che a lei forse.

“Mamma mi raccomando non uscire!!!” Io e mia sorella, le uniche ammesse a casa, iniziamo a vederla con la mascherina, non siamo preoccupate pensiamo sia sufficiente.

Siamo ai primi di marzo, rinorrea, dopo qualche giorno febbricola e poi la febbre sale sempre più; la notte sono con lei stringe la mia mano forse ha paura ma non dice nulla. L’ultima notte insieme la febbre arriva a 40, siamo sveglie, mi stringe la mano tutta la notte; alle 6.00 decido di ricoverarla pensando si tratti di una polmonite batterica visto che, secondo me, non era stato possibile il contagio.

Chiamo il 118, arrivano,  si vestono, portano  via la mia mamma. Ha 89 anni, febbre a 40, ma la portano via a piedi per non contaminare la lettiga.

Non la vedrò più, l’ultima immagine è di lei che si allontana nella sua vestaglia a fiori . e’ il 17/marzo.

La seguo in ospedale e quando arriva la notizia del tampone positivo il mondo in quel momento non esiste, capisco che cosa l’aspetta, che cosa ci aspetta. Per qualche giorno ci sentiamo al telefono ” mamma resisti!! mamma resisti tu sei forte!!”, ma è sempre più debole e poi non sente bene. c’è un ‘infermiera , un angelo che quando passa da lei ci chiama e ci aiuta a parlarle.

Poi arrivano le telefonate peggiori : sta male, decidono di non intubarla. Io sono un medico so cosa sta passando, so cosa sta succedendo, ma in quei momenti sono solo una figlia disperata,  sento  il suo terrore e non siamo con lei a tenerle la mano, ad abbracciarla e dirle che tutto andrà bene.

Siamo tutti a casa in isolamento, asintomatici, ognuno in una stanza, soli, e lei sta morendo. Muore il 24 marzo.

Quel giorno nel Lazio siamo arrivati ad 80  decessi, pochi considerando i numeri di Roma, con la stessa probabilità avrebbe vinto la lotteria.

Sono passati 9 mesi, ancora non riesco a liberarmi del dolore, il dolore è l’unica cosa che mi lega ancora a lei e lo tengo caro dentro di me.

le ultime parole che ci ha detto “mamma di cosa hai bisogno ? te lo facciamo avere” “ho bisogno della mia libertà”. Vola mammina bella ora sei libera, non meritavi tutto questo.

Condividi l'articolo