La voce del silenzio…nel silenzio.
Ed improvvisamente
ti accorgi che il silenzio
ha il volto delle cose che hai peduto…
(La voce del silenzio).
Una delle cose piu’ impressionanti occorse durante la pandemia di SARS COV 2 è stato il silenzio, un silenzio nel silenzio.
Da tempo siamo ormai presi dalle immagini: la nostra vita può essere raccontata da immagini e per imamgini ed anche quanto ci accade viene fissato da una o più imamgini.
Durante il lockdown è apparso, oltre le immagini, un nuovo elemento: il silenzio.
Abituati come siamo a sentire musiche , suoni anche confusi e disturbanti, talvolta rumori e schiamazzi, è sembrato irreale questo immenso e, pure, così vociante silenzio.
Il silenzio dei giochi dei bimbi, il silenzio porveniente dalle strade, il silenzio ridotto delle nostre attività quotidiane, il silenzio delle nostre abitudini.
Ma, insieme, il silenzio dei malati e del loro dolore.
Ormai anche in mezzo a sciagure, terremoti o disastri, non possiamo non ascoltare le voci di dolore delle vittime, quelle dei superstiti, il pianto dei familiari, l’imprecazione di chi è sopravvissuto e cerca i colpevoli.
Nella pandemia, salvo rari casi, il silenzio ha regnato sovrano: si è cercato di riempirlo con le nuove tecnologie, con i messaggi tramite tablet, talvolta con quelli tramite whatsapp.
Se dovessi associare la pandemia ad un suono, questo sarebbe quello delle ruote dei mezzi militari che, in assoluto silenzio, conducono le salme di uomini e donne deceduti verso la cremazione.
Ma i nuovi messaggi, le opporttunità che la tecnologia offre non possono sostituire la voce: la voce è personale, direi, meglio, è persona.
La voce, il suono della parole emessa, la frase anche sgrammaticata è parte fondante di noi…in un bimbo ci ricordiamo la prima sillaba pronunciata, in un nonno che muore ci ricordiamo le sue ultime parole, di un amore teniamo a mente le note di una canzone che ce lo ricorda.
Il suono della voce costella e riempe la nostra storia ed la sua assenza la rende sfumata, in ombra.
Il contagio, il distanziamento, la paura hanno tolto suoni, frasi, parole rendendo ancora più separate quella sofferenza e quella morte, non solo fisicamente lontane e, soprattutto, “in silenzio”.
Certo, in qualche caso si sono registrate le voci dei malati, magari anche con immagini ma questo ci restituisce la persoan o è un surrogato? e poi cosa ci offre il ricordo di tutto questo immane silenzio? e, infine , il silenzio in queso silenzio, oltre alla sofferenza, al dolore, ad un pianto muto, cosa ci lascia?
Non ho risposte a queste domande che faccio però mie ma ho un percorso da suggerire: quello di recuperare non solo il nome delle vittime della pandemia ma anche i loro visi, i loro sguardi, le parole che hanno pronunciato ed il loro timbro di voce, anche nei piccoli e banali eventi quotidiani.
Questo per ridare a tutti una dimensione umana e non solo statistica.
Per chi crede il Logos, la Parola è la Parola di Dio: la sua espressione, il suo essere per diventare e far diventare.
Credenti o meno abbiamo bisogno di parole, di suoni, abbiamo bisogno di recuperare, come archeologici, le parele dette ma non ascoltate, espresse ma non udite.
Quel silenzio, questo silenzio ha pertanto una forte voce: voce da coltivare nel racconto, nelle storie e ancora più, incredibilmente, nel silenzio del cuore.
Questo, penso, sia il modo migliore di recuperare e dare un senso a quanto accaduto, a non lasciare che i numeri altisonanti relativi a ricoveri, tamponi, guariti, decessi siano l’eredità di un evento cui non eravano proparati, forti della nostra onnipotenza tecnologica, e che ora vorremo dimenticare in fretta perchè ci ha comunque toccati.
L’ascolto e il riascolto delle voci non espresse, non ascoltate o perdute nel mare del silenzio possono diventare canto, bellezza, vita nelle nostre vite.
E quel silenzio, presente nell’oceano del silenzio, riprende vita sussurrando: “io ci sono stato”.
E sarà sdolo il recerpdel emmorai, der icora vocale a dre luce e vita anche a chi non vediami piuù ca sianola stiti percheè ogni voce rapreabs ta un unicum di vita senz la quale anceh la vita più ricac ebelal appre mancanre di qualcosa.
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