La città e il virus
Sconcertante appare la città in lockdown a chi viaggia qui attraverso altre terre.
Addentrandosi per le sue tortuose e deserte vie essa appare simile ma diversa rispetto a se stessa e alle città che gli uomini sono soliti abitare; un luogo dove la vita non è più quotidiana e ritmata, ma stagnante, sincopata, disorganizzata.
Molte cose sono proibite nella città in lockdown, cose che sono la norma in altre città: il lavoro, le botteghe, lo sport, le veglie, le feste, i ritrovi con amici e familiari.
È vietato mostrare naso e bocca in luoghi pubblici, non si può stringere la mano e non si può starnutire.
Qui il viaggiatore scopre che non sempre è vero che la notte porta riposo e non sempre la mattina ha l’oro in bocca.
Questa città è un luogo sottile, che odora vagamente di disinfettante e di gesti dimenticati.
Gli abitanti della città hanno luoghi di ritrovo non fisici e collegamenti virtuali con persone, anche se lontane, pellegrini della rete.
Nella città in lockdown tutte le case sono strette ma la natura è generosa e le menti sempre attive nello sforzo di imparare dagli eventi.
Verso la sera si ode musica in lontananza e guardando la notte scendere sulla città, il viaggiatore ha la sensazione di aver trovato nuovi modi per vincere la paura.
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